Il piacere della carne!

Cento motivi per dire: Cibo sintetico No Grazie!!
Di Ignazio Garau Coordinatore rete Bio Slow

Con 159 sì, 53 no e 34 astenuti, il disegno di legge contro la carne coltivata è stato approvato in via definitiva, il 16 novembre scorso, dalla Camera dei Deputati. Una conclusione che ha fatto sfiorare lo scontro (fisico) tra il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini e il Deputato di + Europa Dalla Vedova, che provocatoriamente, davanti agli agricoltori e allevatori che manifestavano a favore della Legge, ha agitato cartelli su cui campeggiava la scritta “Coltivate l’ignoranza – Il ddl anti-scientifico e anti-italiano”.

Una legge sostenuta da un ampio arco di organizzazioni e di associazioni che vanno dalle ACLI alle Organizzazioni Agricole (Coldiretti e CIA), dalle realtà dell’agricoltura biologica a Slow Food, dai salesiani alle associazioni delle Città dell’Olio e del Vino e alla Consulta dei Distretti del Cibo, che hanno esposto le loro ragioni in un “Manifesto – in favore della cultura del cibo di qualità e contro il cibo artificiale e di laboratorio”. Una inedita, larga e composita alleanza che vuole “farsi carico di una comune assunzione di responsabilità nella ricerca delle ragioni tecniche e valoriali per contrastare rischi reali di desertificazione delle campagne, di speculazione finanziaria e monopolio brevettuale insieme a preoccupazioni di allarme per la salute dei consumatori”.

Siamo, però, alle solite. Non è la prima volta che viene lanciata l’accusa a chi difende l’agricoltura italiana, in stretto accordo con i consumatori, di essere “oscurantista”, “contro la scienza e contro la ricerca”. Solo per fare qualche esempio, lo stesso addebito è stato rivolto a chi si opponeva agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), oppure a chi osava sostenere l’agricoltura biodinamica in occasione dell’approvazione della legge sull’agricoltura biologica, che finalmente aveva superato le precedenti opposizioni visto l’ampio consenso ricevuto dai consumatori. Basta mettere in discussione la possibilità di costruire monopoli e di controllare il mercato del cibo e subito scattano i riflessi condizionati dei paladini della scienza e della ricerca, dei difensori del libero mercato. Non vale mai il principio di precauzione, la capacità di considerare gli interessi dei consumatori (che poi sono gli interessi di tutti), no, su tutto prevale il presunto e indiscutibile primato della scienza e della ricerca, soprattutto quando risponde a pochi e precisi interessi, come ad esempio lo smodato desiderio di riuscire a controllare il mercato mondiale dell’alimentazione.

Qual era il grande vantaggio degli OGM se non quello di poter brevettare la vita e, quindi, poter controllare tutta la filiera, dalla produzione delle sementi fino alla commercializzazione dei prodotti? Trasformando i prodotti alimentari in commodity (“Con il termine Commodity ci si riferisce alle materie prime, ovvero a quella particolare categoria di beni che viene scambiata sul mercato senza differenze qualitative” da “borsaitaliana.it”), utile a costruire azioni di speculazione sui mercati finanziari. Chissà perché “scienza e conoscenza”, e quindi progresso, possono solo svilupparsi in reconditi laboratori finanziati magari da qualche “disinteressata” multinazionale e non invece crescere a fianco del lavoro millenario e alla saggezza dei contadini, che hanno imparato quanto sia fondamentale agire rispettando l’equilibrio vitale dell’ecosistema del quale siamo parte integrante. Non è forse meglio investire nella ricerca applicata all’agricoltura per migliorare quei sistemi come l’agricoltura biologica che hanno dimostrato di essere valide alternative per rispondere ai problemi generati dai cambiamenti climatici e al diritto di garantire la sovranità alimentare dei popoli? La scienza, come il mercato, se lasciata libera e disancorata dagli interessi sociali non è detto che produca benefici in assoluto, anzi.

La scienza, che ha reso possibile il così detto progresso, è così estranea alla catastrofe ambientale a cui stiamo andando incontro? Ve lo immaginate cosa succederebbe se per la produzione della così detta “carne sintetica” dovessimo dipendere dai pochi e supertecnologici laboratori che riuscissero a industrializzarne la produzione? Sarebbe un altro passo verso un’agricoltura senza terra ad alta intensità di capitali, monopolizzata dalle solite multinazionali, alla faccia di noi tutti.
E’ sicuramente utile consumare meno proteine animali, ma se scegliamo di mangiare un piatto di carne, che almeno possiamo avere la serenità di poter benedire l’allevatore che ha lavorato per noi per farci apprezzare il “gusto unico” del territorio dove l’animale è stato allevato in modo naturale.
Chissà perché, sedendoci a tavola, dovremmo augurare e augurarci “buona fortuna” (per superare indenni il rischio di un cibo che qualcuno vorrebbe sempre più mostro di Frankenstein), anziché continuare con il semplice e gioioso “buon appetito”!